Cuci che ti passa

Le ferie sono sempre un toccasana. Mentirei a dire che queste sono state ferie normali anche perché, pandemia parte, quest’anno ha portato con sé non pochi problemi di carattere personale, che non sto qui ad elencare, ma è stato e continua ad essere di una pesantezza tale che ad un certo punto ho sentito il bisogno di staccare almeno da qualche parte, e sacrificare il tempo dedicato al lavoro, che toglie buona parte delle mie energie, è stata la scelta più ovvia.
Avere almeno un momento durante la giornata da dedicare “anche a me”, ha spazzato via un po’ di quella nebbia e grigiore che si stavano addensando sulla mia mente nell’ultimo mese. Mi sono presa alcuni attimi durante queste giornate per fare progetti, ho scritto qualche articolo per una newsletter importante, ho disegnato e quasi finito di cucire i blocchi del mio quilt con cui intendo partecipare alla mostra di QuiltItalia per il 25º anniversario della sua fondazione. Ho anche sistemato le cose nello studio, perché anche se l’ho rimodernato ed arredato di recente, aveva comunque bisogno di essere organizzato al meglio.

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Quello che mi manca però davvero un sacco è la socialità. Poter andare fuori con le amiche, mangiare qualcosa in un ristorante casereccio, condividere momenti insieme e chiacchierare sui nostri hobby. Ma io almeno lo so che devo solo aver pazienza, torneremo a farlo e a me dispiace sentire quelli che si lamentano che “da un anno siamo ancora allo stesso punto di quando è iniziata questa pandemia”, come se dovesse essere sempre tutto dovuto, come se trovare immediatamente un vaccino è la cosa più facile e dover pretendere di poter fare la stessa vita di prima. A me fa rabbia vedere i ragazzi per strada che in totale incoscienza e poco rispetto delle regole si salutano baciandosi sulla guancia, e non parlo di ragazzini, ma di adulti ultra ventenni.
Ecco, forse se stiamo ancora così come quando è iniziata la pandemia è anche per questi atteggiamenti leggeri, “ tanto a me non tocca”, ma che invece rallenta il ritorno alla normalità. Fa rabbia perché ognuno potrebbe fare la propria parte e invece ci si lamenta e basta, ci sono famiglie che in questo momento stanno soffrendo molto e magari sono proprio quelli che non si lamentano ma che si rimboccano le maniche e stringendo i denti rispettano le regole per il bene di tutti.
Ecco, magari meno lagne e più responsabilità sarebbe utile. Magari sarebbe bello riuscire a trasformare “l’insoddisfazione della reclusione” che qualcuno può avvertire, in atto d’amore per la comunità, quella stessa comunità di cui abbiamo bisogno per sentirci parte di qualcosa. Vabbè dai mi sono dilungata in un post personale più che sul mio hobby, ma ogni tanto bisogna anche avere il coraggio di parlare di cose serie, se hai letto fin qui ti ringrazio e mi piacerebbe sapere come la pensi e cosa ti piacerebbe fare se potremmo essere liberi adesso?
until next time, xoxo Jdeebella at Soulfulcrane the creative nest in Italy

Hexie Quilt - patchwork ed esagoni alla riscossa

La Primavera é nell’aria, la senti?
Per uscire dall’Inverno e prepararsi alla bella stagione non c’è nulla di più bello che vedere sbocciare e fiorire i primi petali e i giardini che si animano di colori.

Il mio ultimo progetto è sbocciato e si prepara ad essere pronto e come ti avevo anticipato, ho lavorato a qualcosa di speciale da condividere.
Ho sempre amato i vecchi quilt con gli esagoni, ce ne sono di bellissimi in composizioni che lasciano a bocca aperta per quanto meravigliosi e complessi, come i classici “Grandmother’s flowers garden” che spesso racchiudono in esso mesi o anni di lavoro certosino, tutto a mano, da gentili nonne, zie o mamme che l’han confezionato come trapunta matrimoniale per nipoti e figlie.

Oggi nulla vieta di imbarcarsi ancora in questo progetto a lungo termine, e spesso noi quilters abbiamo scatole piene di piccoli esagoni che aspettano di essere messi assieme un po’ alla volta.
E’ anche vero che spesso noi donne che lavoriamo non abbiamo molto tempo da dedicare a questi capolavori lunghi da realizzare, specie se si hanno anche figli piccoli o parenti anziani di cui prendersi cura, ma vorremmo ugualmente dei progetti veloci e altrettanto belli da ammirare avendo la stessa soddisfazione di esporli in un angolo della nostra casa.

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A poco a poco è nata la necessità di trasformare un grande classico in qualcosa di moderno, facile da realizzare e soprattutto veloce e di immediata fruizione.
Ho iniziato partendo dalle mie stoffe, quelle che ho disegnato personalmente e che puoi trovare qui. Quelle usate appartengono alla collezione Delicate Petals e celebra proprio la freschezza delicata della Primavera, con piccoli fiori di campo che sembrano danzare all’arrivo della brezza di fine Marzo.

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Ho poi disegnato l’esagono della misura che meglio si adattava ad un piccolo quilt per poter utilizzare anche il campionario delle mie stampe, che di solito rimangono nei cassetti, perché misurano appena 20 x 20 cm. Ho iniziato a imbastire gli esagoni in quei rari momenti di ozio, ma che si sono rivelati come ossigeno per ricaricare l’energia.
Quando ne ho cuciti una ventina mi sono messa alla ricerca di un progetto veloce da fare.

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L’ho trovato in uno dei libri che ho, scegliendo “Hexagon Garden” un miniquilt dal libro “Small and Scrappy” di Kathleen Tracy edito da That Patchwork Place. Ho dovuto riadattare tutte le misure perché i miei esagoni sono più grandi di quelli nel libro, ma il risultato è identico, potere della matematica ;)

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Ti piace? Adesso non resta che decidere la quiltatura, ma per quella mi riservo del tempo perché un buon o una cattivo trapunto determina la riuscita di un quilt tanto quanto la scelta delle stoffe nel realizzarlo.
E’ tutto per ora. Alla prossima, xoxo Jdeebella @soulfulcrane - the creative nest in Italy

Gli essenziali per fare patchwork

Di recente ho letto di un fratello cyber tecnologico che chiede alla sorella editrice, impegnata sul versante di pubblicazioni indipendenti inerenti arte e artigianato, del perché le persone, nonostante la tecnologia, continuino a lavorare con le mani e quale piacere o profitto ne traggano. Janine, l’editore e madre di Uppercase e delle relative pubblicazioni monotematiche sotto la U giga di Uppercase, ha girato a noi abbonati la domanda.
Per me, come già detto in altre occasioni, è un sentirmi connessa col mio vissuto familiare, con la storia dei bachi da seta tenuti dalle mie nonne in Sicilia, con la tessitura, con la sartoria della mia nonna paterna e per una gestualità tanto antica e tanto radicata nel mio dna.
Credo che in quasi ogni famiglia in Italia e nel mondo si siano tramandati spesso quei gesti e spesso anche gli strumenti. Sapendo della mia passione, mi sono arrivati spesso tesori in regalo da amici e parenti, che magari questo legame non l’hanno mai vissuto così forte, contenenti ogni sorta di fili preziosi senza tempo, ditali e forbici antiche e bottoni di ogni forma e colore.

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Quando ho ripreso a fare patchwork ad inizio anno, avevo già tutto quello che mi serviva a casa, ho quindi solo dovuto rispolverare i vecchi strumenti e riprendere l’abitudine di cucire.

Se ti stuzzica l’idea, per iniziare dalle basi, probabilmente hai a casa tutto quello che ti serve anche tu. Gli strumenti essenziali sono davvero lontani da quanto giri voce che servano accessori costosi ed indispensabili, moderni ed ergonomici, volendo proprio ricordare che già nel 1700 gli Inglesi erano dediti a quest’arte che divenne poi di necessità più che diletto nel nuovo mondo.
Di necessario quindi se proprio vogliamo bastano un paio di forbicine, del filo da cucito non troppo grosso, preferibilmente in cotone, degli avanzi di tessuto colorato, possono essere anche di recupero, meglio comunque di cotone o seta, e l’importante è utilizzare sempre tessuti di spessore simile, ottima la scelta per esempio di riutilizzare le camicie, cravatte e persino il cotone di vecchie lenzuola o grembiuli da cucina, mettici poi degli aghi da cucito o ricamo, del filo per imbastire, un ditale se odi anche tu traforarti le dita, sappi comunque che ci sono persone che ne fanno volentieri a meno.
Fammi sapere se ti va di iniziare qualche progetto facile e veloce insieme a me, potrei pensare di presentarne qualcuno proprio qui.

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Sto lavorando a qualcosa di bello, credo che in questo periodo abbiamo tutti un gran bisogno di bellezza, di bellezza magnifica, amore e compassione, come fu per il Rinascimento un po’ di secoli fa.
since then, fammi sapere qui il tuo pensiero, o scrivimi, sarò felice di connettermi con te.

xoxo G. Aka Jdeebella at Soulfulcrane

Do you Quilt?

Ho iniziato a scrivere almeno 3 post prima di questo nello scorso mese, cancellandolo ogni volta. Il perché è presto detto: timore del pregiudizio. La paura di essere additata come “quella che vuol fare troppe cose”, quella che “troppo vuole e nulla stringe”, seppur avendo scritto un breve manuale sul Multipotenziale, la paura del pregiudizio si insinua come un serpente. Ma poi ho pensato bene con la volontà di trasformare il serpente in biscia e provo quindi a raccontarti finalmente questa cosa qua.
Nel 1996 avevo poco più di 20 anni, mi annoiavo a morte perché leggere e scrivere, due cose che facevo da sempre, non mi bastavano più, avevo un fidanzato che aveva da poco iniziato a lavorare full time ed io lavoricchiavo part time in un antesignano call-center di indagini di mercato e sondaggi d’opinione prevalentemente alla sera dalle 17.30 alle 22 e qualche turno mattiniero dalle 8.00 alle 12.30. Ero piena di tempo libero. Per caso mi sono imbattuta in uno dei primissimi corsi di patchwork che si tenevano in Italia, la merceria che frequentavo (e frequento ancora), Servadei, offriva un corso di due giornate con una dolcissima e bravissima insegnante austriaca di patchwork, tale Karin che non ho mai più rivisto, ma che é stata fondamentale per far scoppiare in me un amore viscerale per il Quilt, amore che mi riportava alla memoria i metri e metri di stoffa che le mie nonne e mia mamma cucivano invece in corredi e abiti bellissimi. Fu così che cominciai e da li un mondo colorato, un volerne sapere sempre di più e con spirito pionieristico cominciai a documentarmi e studiare quanto più possibile sull’argomento. Ordinando i primi libri in inglese su Amazon che era molto diverso di quello odierno, dove comunicavi con un certo singulto il tuo numero di carta di credito via fax e loro ti spedivano i libri dagli USA via nave, che arrivavano dopo 2 mesi di viaggio.

Qualche anno dopo avevo acquisito molta pratica e molto sapere, grazie anche ad una fitta corrispondenza via lettera con una quilter americana di Boston, che mi ha molto aiutata li dove i libri non arrivavano, e poi c’era Virgilio prima di Google che negli internet point a 10.000 lire l’ora ti permetteva di scandagliare i primi siti, sempre americani perché di italiano il nulla cosmico, pieni di materiale da esplorare, insomma qualche anno dopo anche io ero pronta a condividere la mia conoscenza e le competenze acquisite. Così nacque Giusypatch, il mio primo sito di patchwork che via via si trasformò in un moderno sito agli albori degli anni 2000. E la mia prima volta da insegnante.

Il mio primo sito ospitato da un vero webhost!

Il mio primo sito ospitato da un vero webhost!

Scorri le immagini per vedere tutte le trasformazioni di Giusypatch qui sopra. Che nostalgia, non trovi? Ebbene, in questo Natale appena passato sono tornata in soffitta. Ho trovato scatoloni pieni di un mondo che si era arrestato per me nel 2007, e come quando ritrovi le scarpette di lana da neonato di tuo figlio, mi si è riempito il cuore di gioia e nostalgia.

Ho rimesso mano alle stoffe, ho tagliato pezzetti, prima timidamente, e poi con ritrovato vigore, ho cucito un miniquilt.

Pattern by jo morton - brown sugar

Pattern by jo morton - brown sugar

Non finisce qui, perché quello che ero si fonde con quella che sono oggi. E ho disegnato un quilt in appliqué che spero di finire il prototipo in tempi ragionevoli, ma viste le mie giornate che, a differenza di 20 anni fa, sono molto molto più piene, temo mi ci vorrà un bel po’.

Quindi, Do you quilt? Yes! I’m coming back to quilt again! :)

E ti lascio una carrellata di vecchi quilt.

Xoxo Jdeebella

Gratitudine anche nelle difficoltà

Non starò qui a lamentarmi per un anno davvero disgraziato sotto troppi punti di vista, come a troppi anche a me il 2020 mi ha tolto tanto: La serenità, l’armonia, la spensieratezza, la vicinanza delle persone care, la tranquillità del solito tran tran. Ci ha dato molti problemi che prima non avevamo, e non parlo della paura di ammalarsi, quella all’inizio della pandemia è stata forte, ma dopo sono subentrati problemi che la paura della malattia è diventata solo un ricordo. Sono stata attenta e scrupolosa nel rispettare tutte le indicazioni sanitarie e governative, e farò altrettanto con il nuovo anno, spero soprattutto che le cose tornino a posto quanto prima.
Sono grata per le persone che ho intorno, per i miei che resistono e sono davvero due persone speciali e splendide, per la mia famiglia “allargata” quanto mai presente e vicina, per i miei colleghi e per il fatto che siamo rimasti uniti e pronti ad aiutarci anche lavorando in remoto, per tutti quelli che stanno cercando di aiutare in questo momento difficile che stiamo attraversando, per quelli che ci sono sempre stati e per le persone “nuove” che hanno mostrato empatia e non sanno davvero quanto di tutto ciò io sia davvero grata.
Il 2020 mi dato rughe e pensieri che non avevo, ma mi ha dato anche lo spunto per guardare con occhi nuovi la vita, le cose che contano, quelle di cui possiamo fare a meno.

Del 2020 ricorderò probabilmente la resilienza, le persone che ci sono state, lontane e vicine e il grande dolore del non poter “fare di più”.
Ricorderò anche che certe Istituzioni sono fondamentali per la crescita e perché le cose vadano come devono andare, come la Scuola ad esempio, quei mesi in cui è mancata per i nostri ragazzi si è aperto un vuoto tremendo e incolmabile. Spero che si investa molto di più sulle scuole e sugli insegnanti, che mi pare oggi stiano facendo un lavoro con grande amore e spirito di sacrificio. Spero si investa di più per la Sanità, lì in tutti questi mesi abbiamo visto tanti eroi.
Chiudo questo 2020 con una tavola che avevo preparato per “Il Bambino Spettatore”, il contest organizzato nell’ambito del “progetto mapping” all’interno della Bologna Children’s Book Fair, ma poi ho deciso di non partecipare quest'anno, mi spiace perché la Giuria é composta da persone che ammiro tanto, ma non mi sento di voler più competere in niente, almeno per un po’, ho bisogno di staccare dalle corse e dai traguardi, voglio fare un pezzo a piedi, piano e senza fretta, fermandomi ad ammirare il panorama.
Auguro a tutti un 2021 sereno e felice ma soprattutto di essere consapevoli che le cose che ci sembrano scontate, alle volte sono proprio quelle che fanno andare avanti tutto senza intoppi.
Buon Anno. Xoxo Giusy

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Jdeebella

covid19 sucks